L’Universo di Vitaliano Brancati – Racconti di Salvatore Paolo Garufi Tanteri

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Salvatore Paolo Garufi Tanteri

L’Universo di Vitaliano Brancati

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Il padre, la Sicilia, la madre

E’ assurdo ridurre la vita e l’opera di uno scrittore in ordinate caselle, come in un libro di contabilità. E’ la scommessa del velleitario. Posso soltanto aspirare a qualcosa di parziale, con poche sfumature e molte conclusioni forse da rivedere. Il resto è intuizione e ragionamento.

Chi fu Vitaliano Brancati?

Qual era il suo mondo?

Egli stesso ha impiegato tutta la vita a dircelo, tanto da soffocare spesso la sua arte con polemiche e abiure. Alla fine si definì un buon laico all’antica, irremovibile nel concepire la libertà come unico valore.

In Ritorno alla censura (Introduzione a La governante, Bompiani, 1974), infatti, egli fa un’interessante analisi del concetto di Libertà, confutando l’uso che ne fanno “le epoche dogmatiche”. In particolare, la “libertà dal male” dei cristiani, oltre che approssimativa gli risulta forzatamente sintetica, perché sottintende tutta una serie di in quanto arbitrari – Dio, in quanto sommo bene, è somma libertà, la Chiesa, in quanto depositaria della parola di Dio, è somma libertà; per la “libertà dal bisogno” dei comunisti, poi, sarebbe meglio parlare di agiatezza. In definitiva, la vera “libertà è la capacità di non sottoporre a nessuna autorità, che non sia la propria coscienza, valori assoluti come il Bene, la Verità, la Bellezza.

In questo atteggiamento, forse, un elemento decisivo fu la mediterraneità dell’ambiente d’origine. Egli era nato a Pachino, nell’estremo Sud della Sicilia, il 24 luglio 1907, da Maria Antonietta Ciàvola e da Rosario Brancati. Quest’ultimo esercitava la professione di avvocato – ma ricoprì pure importanti incarichi pubblici. Fu, per esempio, in pieno periodo fascista Podestà a Militello in Val di Catania, dove l’adolescente Vitaliano scrisse le sue giovanili poesie -.

Racconta il fratello dello scrittore, Corrado, in un articolo apparso sul giornale “La Sicilia” (Vitaliano, mio fratello, 23/1976):

“Mio padre, funzionario assai rigido (ancora lo ricordano) di Prefettura, era allora molto noto per gli articoli che pubblicava con lo pseudonimo Il Ghirlandaio nel vecchio “Giornale dell’Isola” di Catania, fondato, mi pare, dai fratelli Carnazza, uomini politici assai noti, uno dei quali Gabriello, avvocato di vasta rinomanza, fu anche ministro.

“Scriveva anche novelle che piacevano molto alle donne e che risentivano delle letture di Gabriele d’Annunzio di cui mio padre era fervente ammiratore, tanto da tenere nello studio un grande ritratto dello scrittore. Nella biblioteca paterna, accanto a tutti i libri di d’Annunzio, si ammassavano libri di politica, di diritto, in gran numero, romanzi: di Tolstoj, di Dostojevzski, di Turghenev, di Bourget, di Balzac, di Zola, di Prevost, di Maupassant, sono quelli che ricordo, oltre ai molti classici italiani, da Manzoni a Carducci, a Pascoli e ai romanzi d’attualità come quelli di Guido da Verona.

“Mia madre, che idolatrava mio fratello affettuosamente ricambiata da Vitaliano, era una bravissima donna di casa, che si sacrificò molto per la famiglia…”

Come si vede, i miti cari al fascismo siciliano c’erano tutti. Il padre rigido – padre dei figli e pure degli amministrati, come ricordava qualche vecchio con cui ho parlato – e con pretese intellettuali, madre trabboccante amore soffocante.

Sulla madre, infatti, lo stesso Brancati scriverà nel romanzo Gli anni perduti (Mondadori, Milano, 1976, p. 14):

“- Oh, le mamme sono le nostre peggiori nemiche – osservò Rodolfo De Mai. – Queste mamme siciliane che fanno i figli e poi se li mangiano. –

“- Rodolfo! – gridò la signora Careni.- Non si parla così con una madre! Che screanzato, Dio Santo! –

“- Non è vero, forse? Mia madre da dieci anni, vale a dire dalla sera in cui presi l’abitudine di andar fuori, mi dice sempre: “Rodolfo, mammuccia tua, non rincasare tardi!” ed io rispondo: “Ma ti pare?” Dieci anni di “Rodolfo, mammuccia tua, non rincasare tardi!” e dieci anni di “Ma ti pare?” sono qualcosa che fa pensare. Ma, il sogno di mia madre è che questo possa durare ancora trent’anni. –